lunedì 5 novembre 2012

Le Botticelle

 

 

 

Le carrozze trainate da cavalli, a Roma dette 'botticelle', non nacquero come un mezzo di trasporto per i turisti, bensì per le botti (da cui il nome botticelle), in tempi in cui non esisteva ancora l'automobile.

Nella prima metà del Cinquecento, le “carrozzelle” erano molte tanto che creavano problemi di traffico.
A Roma gli abitanti non le amavano molto, in quanto erano ingombranti, pericolose e facevano un grande rumore sul selciato. La protesta fu tale che Sisto V impose dei limiti alla loro circolazione.
Con il tempo e con i nuovi modelli, le carrozze divennero più sicure e facili da guidare.
Il vetturino, quasi sempre, era proprietario della carrozza e del cavallo che curava premurosamente. Egli accompagnava gli sposi in chiesa, sfidava le avverse situazioni atmosferiche per accompagnare il medico nei posti più isolati della campagna.
Oggi, le circa tremila carrozzelle della Roma di una volta, non ci sono più, le poche rimaste sono eleganti carrozze dipinte di rosso, blu e giallo; il lavoro del vetturino è quello di accompagnare i turisti spiegando, durante il percorso, le bellezze artistiche della Città Eterna, con la sua magnifica fontana di Trevi, il Colosseo, la scalinata di Trinità dei Monti e tanto altro ancora.
Il cavallo da carrozza deve avere una grande resistenza a causa del duro lavoro che deve svolgere: soste sotto il sole infuocato dell’estate, sotto la pioggia ed il vento, riposi irregolari.
Ma il lavoro del vetturino con la sua carrozzella ed il cavallo, anche se ha ancora il suo fascino antico, è un mestiere difficile da mantenere vivo a causa degli spazi che continuano a restringersi, ed al traffico diventato troppo intenso.
Per ricordare le carrozzelle romane ecco una strofa della canzone “Carrozzella Romana”:

“…quanti ricordi cari di gioventù, fai ritornare in mente passando tu; tra il sorriso dei colli, del Pincio e di Villa Borghese, delle antiche fontane, di chiese di borghi e di fior; carrozzella romana che porti chi è senza pretese, sei la reggia più bella dei sogni fugaci d’amor…”

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